Depenalizzazione della Cannabis

Depenalizzazione della cannabis

Negli scorsi giorni è stato fatto un piccolo passo verso la depenalizzazione della Cannabis frutto di coltivazione domestica. La Commissione Giustizia della Camera ha infatti dato il via libera alla proposta di legge che depenalizza la coltivazione domestica fino a 4 piantine. Abbiamo già affrontato il problema della coltivazione domestica di cannabis finalizzata all’uso personale nel nostro precedente articolo sul nostro blog, leggilo per capire la normativa attuale.

Le prime dichiarazioni

Bene, sono soddisfatto del lavoro e del dialogo intercorso tra i gruppi e che ha portato al via libera alla pdl che depenalizza la coltivazione domestica di quattro piantine di cannabis: un modo per sostenere chi ne fa un uso terapeutico e per togliere terreno allo spaccio

On. Mario Perantoni, Presidente della Commissione Giustizia della Camera

Così si esprime l’On. Perantoni, relatore della proposta di legge e Presidente della Commissione Giustizia della Camera.

Ulteriori elementi della proposta

Oltre a depenalizzare la coltivazione fino a 4 piantine, la proposta di legge presentata include altri elementi rilevanti:

  • La pena detentiva per il reato di spaccio per ridotte quantità di sostanza scende da 4 a 2 anni e mezzo
  • Il consolidamento del principio che non può essere considerato “fatto di lieve entità” la cessione di sostanza stupefacente a minori da parte di soggetti maggiorenni
  • l’istituzione di una giornata nazionale sui danni provocati da consumo di alcol, tabacco e droghe da tenere ogni inizio di anno scolastico nelle scuole di primo e secondo grado

E’ diventato quindi legale coltivare marijuana in casa e per uso personale?

E’ bene essere chiari, la commissione Giustizia ha solamente dato il suo benestare alla proposta, dopo oltre 2 anni di discussione. Per diventare legge però, il testo dovrà passare in Parlamento ed essere approvato. Si prospettano parecchie resistenze, soprattutto da parte di quelle forze politiche che fanno della lotta alla Cannabis un cavallo di battaglia. Tra di esse, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno già proposto e votato emendamenti volti a modificare e/o eliminare dal testo alcuni dei punti fondamentali della proposta.

Sitografia

Coltivazione domestica di cannabis

Coltivazione di cannabis domestica

La coltivazione domestica di cannabis è legale? Facciamo chiarezza

In questo articolo vi spiegheremo se e quando è possibile coltivare cannabis per uso personale. Al netto delle leggende metropolitane, la normativa è chiara ed è contenuta nell’art. 73 del T. U. sugli stupefacenti che riguarda la “Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope”.

Per comprendere esattamente di cosa stiamo parlando, è necessario sapere che l’elenco completo delle sostanze ritenute stupefacenti o psicotrope è contenuto precisamente in alcune tabelle. Ogni sostanza che rientra in queste tabelle è assolutamente non legale.

La normativa

L’art. 73 punisce esplicitamente

Chiunque senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene

Art. 73 c.1

Le pene variano per i casi più gravi, ovvero per le sostanze contenute nella tabella 1 (es. cocaina), rispetto a quelli ritenuti meno gravi, ovvero per le sostanze contenute nella tabella 2 (es. Cannabis).

L’obiettivo del legislatore è la tutela della salute pubblica e collettiva, che potrebbe essere messa a repentaglio da condotte di coltivazione tali da accrescere la quantità di sostanze stupefacenti esistenti e circolanti.

Cannabis e salute pubblica

E’ evidente che a questo punto si pone il problema di quando e oltre che limite la coltivazione possa ledere la salute pubblica. La domanda che il legislatore si è posto è stata quindi: la coltivazione di marijuana per uso personale e non destinata allo spaccio, è un pericolo per la salute pubblica, tanto da determinare una sanzione penale?

A questa domanda ha dato risposta la Cassazione, con la sentenza n. 12348/2020 Sez. Un., secondo la quale non sono riconducibili all’applicazione della norma penale:

le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore

sentenza n. 12348/2020 Sez. Un.

Questo orientamento è stato ribadito dalla recente sentenza 20238/2022 della Corte di Cassazione che, richiamando la precedente sentenza, afferma nuovamente che

non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto

sentenza n. 20238/2022 della Corte di Cassazione

I fattori chiavi per la punibilità della coltivazione domestica di cannabis

La coltivazione di cannabis non è quindi sempre penalmente perseguibile. Da quanto espresso dalla Corte di Cassazione, non si configura un reato se:

  • Il numero di piante è ridotto (anche se non è ben specificato quale sia)
  • La coltivazione è effettuata con tecniche “rudimentali”
  • Modesto quantitativo di principio attivo
  • Destinazione esclusivamente personale (il che implica l’assenza di strumenti e macchinari implicitamente utilizzati nella distribuzione, ad es. bilancini, pese, strumenti per il confezionamento, prodotti per il taglio, ecc)
  • Mancato inserimento nel mercato dello spaccio e/o cessione a terzi

Sanzioni amministrative

Tutto quanto detto riguarda esclusivamente la sanzionabilità penale, ma sul piano amministrativo la detenzione di sostanze stupefacenti è sempre punita

  • la patente di guida per un periodo fino a tre anni
  • licenza di porto d’armi
  • il passaporto
  • il permesso di soggiorno per motivi di turismo

Conclusione

Come abbiamo visto, la coltivazione domestica di cannabis per uso personale è penalmente non perseguibile, ma si può comunque incorrere in sanzioni amministrative.

Dall’avvento della Cannabis Light, molti consumatori di marijuana si sono orientati verso l’acquisto di prodotti di canapa legale per evitare il rischio di sanzioni. Puoi trovare moltissime infiorescenze di marijuana light nel nostro cannabis shop online.

Bedrocan e Cannabis terapeutica

Bedrocan e cannabis terapeutica

Tra le tipologie di cannabis a scopi terapeutici, c’è Bedrocan, prodotta dall’omonima azienda di origine olandese. È la stessa azienda a descriverla come “cannabis del tipo sativa” e si tratta di una delle varietà che è prescrivibile in Italia.

Infatti, Bedrocan ha un livello di THC è standardizzato al 22% mentre il CBD è inferiore all’1%. Si tratta di uno dei prodotti più utilizzati tra quelli offerti dal Ministero olandese ed è il primo tipo di marijuana medica ad essere resa disponibile in Italia.

Cos’è il Bedrocan?

Come anticipato, il Bedrocan è un tipo di cannabis sativa terapeutica che può essere utilizzata per la preparazione di farmaci. Attualmente, in Italia, può essere utilizzata solo come supporto alle terapie tradizionali ma mai come cura principale.

Questa tipologia viene utilizzata per stimolare l’appetito nei pazienti anoressici oppure che soffrono di inappetenza, alleviare il dolore cronico, ridurre la nausea e abbassare la pressione intraoculare.

Come ottenere il Bedrocan

Qualsiasi tipo di cannabis terapeutica può essere ottenuta attraverso la cosiddetta ricetta bianca (non ripetibile), la prescrizione che può essere compilata da qualsiasi medico che deve indicare quali sono le dosi consigliate. La cannabis terapeutica può essere assunta, quindi, per via inalatoria oppure per via orale. Ad esempio, si possono utilizzare olio, tintura oppure resina in gocce. O, ancora, sostituti come tisane, cannabis cruda, liquidi per vaporizzazione, cioccolatini alla cannabis.

Nel momento in cui si assume la cannabis Bedrocan, è importante tener conto di quali sono le indicazioni fornite da parte del medico oppure dal farmacista. La cannabis terapeutica va considerata un farmaco sotto tutti i punti di vista. Pertanto, scegliere una quantità errata in termini di consumazione può provocare degli effetti indesiderati.

Quali sono gli effetti collaterali?

In linea generale, Bedrocan è una tipologia di varietà di cannabis che è ben tollerata da parte del paziente. Tuttavia, possono verificarsi dei rari casi in cui ci sono degli effetti collaterali che, comunque, durano pochissimi giorni.

Gli effetti collaterali più comuni sono: arrossamento degli occhi, secchezza delle fauci, senso di euforia, aumento della frequenza cardiaca, giramento di testa, ipotensione.

Infine, è importante ricordare che l’utilizzo di farmaci a base di cannabis è sconsigliato e va evitato quando si soffre di alcune patologie come malattie cardiache, disturbi epatici e psicosi. Oppure in casi di allattamento e gravidanza. L’utilizzo della cannabis terapeutica deve essere sempre fatto con estrema attenzione e seguendo le indicazioni di uno specialista.

Tisane alla canapa : cosa sono, benefici e vantaggi

Tisana alla canapa

Le tisane e il tè alla canapa apportano benefici alla mente, al corpo e all’anima in molti modi. È una tipologia di infuso diversa da tutti gli altri e che è diventata popolare solo molto recentemente. Ma quali sono gli elementi che la rendono così speciale? Scopri cos’è il te alla canapa nelle prossime righe e quali sono i suoi migliori benefici.

Cos’è il tè alla canapa?

Il tè alla canapa è prodotto dalla pianta di cannabis sativa, utilizzando le foglie, il fiore di canapa e i semi. La cannabis sativa è originaria del subcontinente indiano, sebbene si sia diffusa in gran parte dell’Asia, dell’Europa, dell’Africa e delle Americhe. Nonostante richieda luce, prospera nella maggior parte dei tipi di terreno, a condizione che siano umidi.

Per ottenere il te alla canapa, le foglie, i fiori e i semi vengono macinati in una polvere che rilascia CBD in acqua calda creando una tisana salutare. Le infusioni di tè alla canapa contengono meno dello 0,2% di THC (il cannabinoide responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis) e non presentano quindi effetti collaterali di sballo o alterazione psicofisica.

Benefici del tè alla canapa

La canapa contiene molte vitamine, minerali e altri antiossidanti che possono migliorare il benessere generale dell’individuo. Ad esempio, i potenziali benefici delle tisane alla canapa provengono dal CBD, uno dei cannabinoidi più diffusi al mondo. A differenza del tetraidrocannabinolo (THC), il CBD non è psicoattivo e, in quanto tale, non ha effetti collaterali che alterano la mente.

Ciò che il CBD offre, tuttavia, sono notevoli benefici per la salute. Può aiutare a curare o alleviare alcune condizioni di salute come stress, ansia e migliorare la qualità complessiva del sonno. In questo blog puoi trovare vari approfondimenti sugli effetti del CBD sul nostro organismo, ma ci teniamo a riassumere i principali.

Le tisane alla canapa possono alleviare l’ansia

Elevate quantità di CBD nel tè alla canapa influenzano i recettori cerebrali per la serotonina, che ha effetti ansiolitici. Ciò significa in definitiva che può regolare l’umore. Coloro che hanno ricevuto CBD hanno sperimentato livelli di ansia complessivamente ridotti, il che mostra chiaramente l’efficacia del tè e delle tisane alla canapa. Inoltre, altre ricerche hanno dimostrato che i prodotti CBD potrebbero aiutare le persone che soffrono di disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Puoi trovare un approfondimento sugli effetti ansiolitici del CBD in questo articolo sul nostro blog.

Le tisane alla canapa migliorano la qualità del sonno

Fai fatica a riposarti la notte? Se è così, il tè alla canapa potrebbe darti una grossa mano. L’insonnia è uno dei motivi principali per cui le persone preferiscono bere una tazza di tisana alla canapa ogni giorno.

Il CBD interagisce con i recettori nel cervello che regolano il ciclo sonno/veglia del corpo, quindi funziona in modo simile alla lavanda quando si tratta di migliorare la qualità del sonno. Anche sotto questo aspetto i benefici del tè alla canapa sono simili ai benefici del tè alla camomilla. Abbiamo parlato di come il CBD possa aiutare a dormire in questo articolo sul nostro blog.

La canapa può alleviare il dolore cronico

Il tè alla canapa è un rimedio naturale per alleviare il dolore: può alleviare il dolore cronico interagendo con il sistema endocannabinoide del nostro corpo. Numerosi studi clinici randomizzati hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia degli estratti di canapa nell’affrontare tipologie di dolori come quello derivante dall’artrite reumatoide. Tuttavia, raccomandiamo con cautela l’utilizzo del te e delle tisane alla canapa per queste circostanze in quanto c’è ancora molta ricerca da fare.

Cannabis Sativa, Indica e Ruderalis

Cannabis Sativa, Indica e Ruderalis

Indica, Sativa e Ruderalis, all’interno della famiglia delle Cannabinacee, sono le principali tipologie genetiche della Cannabis e si distinguono per caratteristiche e proprietà molto specifiche. A differenza dei fiori che potete trovare nel nostro cannabis shop online, in questo articolo parleremo di varietà di cannabis ad alto contenuto di THC.

Nonostante gli stessi concetti siano estendibili alle piante di canapa legale, con i termini sativa, indica e ruderalis si descrivono sempre le tre principali tipologie di piante di maijuana ad elevato tenore di THC. La coltivazione di queste tipologie di piante cannabis è pertanto illegale in Italia, differentemente da quanto avviene per le piante di Canapa light, che presentano alti valori di CBD e bassi valori di THC.

La Cannabis Indica

Proveniente dall’India, venne classificata nel 1785 dal biologo Jean-Baptiste Lamarck il quale, di fatto, la distinse dalla varietà Sativa all’epoca coltivata in Europa.

Dal punto di vista morfologico la Cannabis Indica si distingue per una diversa consistenza degli steli e dello spessore della corteccia, per le foglie di colore verde scuro con tonalità viola o rossicce e per l’arbusto compatto e robusto, molto fitto e simile ad un piccolo abete. 

Questa pianta veniva coltivata in India prevalentemente per sue elevate proprietà psicoattive e medicinali.

Successivamente attecchì sulle montagne dell’Hindu Kush in Afghanistan, acquisendo una eccezionale resistenza a quelle condizioni climatiche estreme che probabilmente, data la necessità di doversi proteggere dal gelo, determinò la capacità tipica di produrre un’elevata quantità di resina.

La Cannabis Indica produce un effetto sedativo particolarmente adatto a migliorare la qualità del sonno, ma anche a contenere stati ansiosi o ad attenuare dolori cronici.

La Cannabis Sativa

Sempre originaria dell’India, la Cannabis Sativa è una pianta di dimensioni generose che può raggiungere anche i due metri di altezza.

Per le sue caratteristiche di resistenza e adattabilità, questa varietà si è diffusa facilmente sia nelle regioni equatoriali che in Europa e negli Stati Uniti, tanto da essere universalmente associata, nel gergo comune, al termine di “canapa indiana”.

E’ facilmente riconoscibile per le sue caratteristiche foglie palmate, di colore verde intenso, dai lobi seghettati e lanceolati

I fiori, sia maschili che femminili, sono facilmente individuabili nel sesso, il che rende la coltivazione della Cannabis Sativa abbastanza semplice, come spesso apprendiamo dalle cronache di informazione.

Un’altra particolarità di questa pianta risiede nella presenza di ghiandole su tutta la sua superficie che producono la particolare resina, di odore caratteristico e di colore bruno, che viene spesso utilizzata in procedimenti estrattivi.

Rispetto all’Indica, la Cannabis Sativa ha una resa produttiva decisamente più elevata che ne ha decretato il successo e la diffusione capillare e spesso presenta concentrazioni di THC molto alte a fronte di un livello relativamente contenuto di CBD. Per tali peculiarità, differentemente dall’Indica, la Cannabis Sativa ha effetti più stimolanti ed energizzanti, per cui è adatta per favorire la concentrazione e stimolare la creatività.

La Cannabis Ruderalis

Questa varietà è originaria dell’Asia, dell’Europa Centrale e Orientale e in particolare della Russia, dove ancora oggi continua a prosperare in modo selvatico, denotando, anche in questo caso, una grande resistenza e capacità di adattamento anche a condizioni di vita non propriamente ottimali che le hanno conferito il nome “Ruderalis”, che significa appunto che cresce su qualsiasi terreno di scarto

Dal punto di vista prettamente genetico, questa specie può essere considerata a metà strada tra le altre due varietà citate.

La principale caratteristica della Cannabis Ruderalis è quella che la sua fioritura non dipende da un particolare periodo dell’anno per cui, al pari di tante piante campestri spontanee. Questo significa che la pianta prospera in piena autonomia anche senza essere soggetta a particolari attenzioni, e solamente in base al suo ciclo riproduttivo, che si attualizza dopo circa tre o quattro settimane di crescita vegetativa.

Probabilmente, questa particolarità ha origine proprio dalla straordinaria capacità di adattamento della pianta alle condizioni climatiche molto ostili dei luoghi di origine, quindi con estati molto brevi e lunghe ore di luce diurna.

Per questo, tipicamente si distingue per le sue piante basse e compatte, con cime piccole e molto robuste.

Un’ulteriore conseguenza di questa “selvaticità” è lo scarso livello di CBD e THC che contiene. Questo aspetto ha determinato per lungo tempo la marginalità della Cannabis Ruderalis al fine della coltivazione e del consumo.

Di recente, tuttavia, si è scoperta la sua utilità nella creazione di piante ibride molto resistenti, da cui è possibile ottenere varietà autofiorenti e dunque più facili da coltivare, dotate di principi attivi propri dell’Indica o della Sativa.

Legalizzazione della Cannabis: Milano in prima linea

Proposta di discussione sulla legalizzazione della cannabis

Il tema della legalizzazione della cannabis è controverso ed estremamente articolato, ma da tempo oramai meriterebbe di essere seriamente affrontato. E’ forse questa la considerazione che ha portato il Consiglio Comunale di Milano ad approvare l’ordine del giorno con il quale viene chiesto al sindaco Sala

di attivarsi con il Parlamento e presso tutte le sedi opportune per sostenere la necessità di approvare un disegno di legge sulla legalizzazione della produzione e del consumo di cannabis e suoi derivati” e di “reinvestire gli introiti derivanti dalla legalizzazione della cannabis in politiche di formazione, prevenzione e riduzione del danno“, come accade nei paesi in cui la sostanza è già legalizzata.

I benefici della legalizzazione

Promosso dal capogruppo del Partito democratico, Filippo Barberis, condiviso da buona parte della maggioranza e votato anche da Alessandro De Chirico (FI), l’ordine del giorno “Per l’approvazione di una legge sulla legalizzazione della cannabis” porterebbe notevoli benefici economici e sociali:

  • Mancati introiti per le organizzazioni mafiose che detengono il controllo del traffico illegale di Cannabis
  • Incremento del PIL a seguito dei maggiori introiti fiscali per lo Stato
  • Possibilità di reinvestire le risorse umane ed economiche attualmente impegnate a combattere la lotta contro questa sostanza in altri settori
  • Maggiore controllo sulla qualità del prodotto venduto ai consumatori
  • Molti utilizzatori potrebbero cessare di utilizzare la cannabis, per l’annullamento dell’effetto ribellione

Le reazioni politiche

Contraria alla mozione, l’opposizione di centrodestra non è stata però compatta e non ha saputo portare all’attenzione del Consiglio Comunale delle motivazioni a sostegno della sua contrarietà. Il suggerimento di rimandare l’ordine del giorno per consentire ad un gruppo di esperti una più approfondita valutazione sul tema della legalizzazione della cannabis è infatti sembrato più che altro l’ennesimo tentativo di rinviare la discussione a data da destinarsi per non affrontare realmente il problema.

Di diverso avviso è stato Alessandro De Chirico (FI) che in controtendenza rispetto al suo partito ha votato a favore della mozione, sottolineandone la correttezza nelle parti in cui si evidenzia il danno economico per le organizzazioni criminali, il problema del mercato nero e la possibilità di controlli sui prodotti che giungerebbero ai consumatori.

La posizione di Forza Italia

Forza Italia ha immediatamente preso le distanze da questa posizione affermando in una nota congiunta:

La posizione del capogruppo Alessandro De Chirico in tema di legalizzazione della cannabis, espressa con il suo voto favorevole in Consiglio comunale, è strettamente personale. Forza Italia resta contraria alla legalizzazione di tutte le droghe – comprese quelle leggere -, anche alla luce di molteplici studi che ne certificano la pericolosità per l’organismo e l’impatto negativo nella società. In un momento delicato dal punto di vista economico, sanitario e geopolitico riteniamo che il Comune di Milano e il Parlamento siano chiamati a occuparsi di ben altri temi rispetto a quello inerente la legalizzazione di sostanze stupefacenti

La consigliera leghista Deborah Giovanati ha provocatoriamente chiesto a tutti i consiglieri di sottoporsi ad un test del capello per verificare o meno l’utilizzo di sostanze stupefacenti. La risposta da parte di Daniele Nahum, consigliere PD e tra i firmatari della proposta non si è fatta attendere:

“Se passerà questo emendamento illiberale mi accenderò una canna davanti a Palazzo Marino e ti regalerò una ciocca di capelli”

Conclusione

La formulazione dei una normativa che consenta l’emersione di un mercato noto a tutti è non solo vantaggiosa per le motivazioni già citate, ma dimostrerebbe responsabilità e trasparenza da parte delle istituzioni. In un momento storico denso di problemi, affrontare temi delicati come quello della legalizzazione della cannabis senza il timore della perdita di consensi elettorali consentirebbe di recuperare un minimo di fiducia nel sistema politico italiano, che troppo spesso preferisce non esporsi prendendo posizioni su tematiche etiche e sociali.

Il CBD crea dipendenza?

Il CBD crea dipendenza?

Per capire se il CBD possa creare dipendenza, prima di tutto dobbiamo capire di cosa si tratti e quali siano i suoi effetti su di noi. Il CBD è un composto che è stato scoperto a partire dal 1940. Tuttavia, la sua fama è diventata tale solamente negli ultimi anni quando l’industria della canapa si è iniziata a muovere. Le varietà di cannabis light che si possono trovare sul mercato sono infatti ricche di questo cannabinoide (e presentano invece valori ridotti di THC, il cannabinoide responsabile degli effetti psicoattivi della Cannabis).

Quindi, per CBD si intende un cannabinoide non psicoattivo che è possibile trovare nella pianta di cannabis sativa. Ha diversi benefici e soprattutto, non avendo effetti psicoattivi, non crea dipendenza.

Spesso, però, a causa di una certa riluttanza da parte dei governi dei paesi occidentali a regolamentarlo, viene visto come sostanza stupefacente, quando in realtà non lo è! Approfondiamo meglio questo discorso.

Cos’è il CBD?

Il CBD, chiamato anche Cannabidiolo, è uno dei 400 composti che si trovano nella pianta di cannabis sativa. Come detto, questo composto non provoca effetti psicoattivi ma è stato osservato che ha degli effetti medicinali importanti.

Il CBD è uno dei composti più famosi della cannabis, insieme al THC. A differenza del primo, il THC è il composto che fornisce effetti psicoattivi e altri effetti psicofisici come aumento della frequenza cardiaca ed effetti sull’appetito.

Invece, il CBD offre dei benefici fisici come la riduzione del dolore, dell’infiammazione e dell’ansia, aspetti di cui abbiamo già parlato nel nostro articolo “Cannabinoidi contro infiammazione e dolore“.

Il CBD crea davvero dipendenza?

Il CBD non produce effetti inebrianti e né porta ad una dipendenza. Questo composto non offre le condizioni attraverso cui si creano abusi oppure senso di euforia. A differenza di quanto avviene con il THC.

Ad esempio, quando si consumano prodotti CBD, indicatori come la funzione cognitiva, la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna rimangono inalterati.

Quali effetti ha il CBD?

Il CBD non crea quindi dipendenza, come si evince anche da quanto affermato dall‘Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in una pre-review di questo cannabinoide : “le prove di una ricerca sperimentale umana ben controllata indicano che il CBD non è associato a un potenziale di abuso”.

Ecco alcuni vantaggi di utilizzare il CBD:

  • Può ridurre l’ansia: i risultati promettenti su alcuni individui hanno fatto penare che il Cannabidiolo abbia portato degli effetti positivi nell’alleviare l’ansia.
  • Riduce il dolore cronico:  Attualmente non esistono soluzioni a lungo termine per il dolore cronico e le alternative per la gestione del dolore, come i farmaci a base di oppioidi, possono alleviare temporaneamente i sintomi.
  • Altri effetti benefici: il CBD ha tantissimi benefici e tra questi possiamo trovare quello di ridurre l’infiammazione, rafforzare e riequilibrare il sistema immunitario, ridurre l’ansia.

Il CBD può ridurre l’ansia?

Il CBD può ridurre l'ansia?

In questo articolo cercheremo di capire come e quanto il CBD possa aiutare a ridurre l’ansia, disturbo di cui moltissime persone soffrono. Abbiamo già parlato di come il CBD possa aiutare a contrastare infiammazioni e dolori e abbiamo già citato gli effetti che il CBD ha su uomini e donne, ma con questo articolo vogliamo andare un po’ più nel dettaglio analizzando uno studio clinico e i suoi risultati.

Analizzeremo assieme uno studio del 2011 nel quale il CBD è stato somministrato ad alcuni pazienti che soffrivano di Disturbo d’Ansia Sociale o SAD (dall’inglese Social Anxiety Disorder). Il disturbo d’ansia sociale generalizzato è una delle condizioni di ansia e disagio che una persona può provare in situazioni sociali nelle quali c’è la possibilità di essere giudicato dagli altri.

Ansia e Cannabis: cura o conseguenza?

I soggetti che soffrono di disturbi d’ansia sembrano essere maggiormente portati verso l’utilizzo di cannabis rispetto a quelli senza questa tipologia di disturbi per la loro tendenza ad utilizzare l’erba come strumento per rilassarsi e per ridurre l’ansia ( Buckner et al, 2008 ). Resta da sottolineare però di quanto possa essere ambiguo e paradossale il rapporto della marijuana con l’ansia: tuttavia, il rapporto della cannabis con l’ansia è paradossale: se infatti molti consumatori di cannabis identificano la diminuzione dell’ansia come una delle maggiori motivazioni del suo utilizzo, episodi di intensa ansia o panico sono tra gli effetti indesiderati più comuni del THC ( Crippa et al, 2009). Infatti:

Queste affermazioni apparentemente contrastanti possono in parte riflettere il fatto che basse dosi del costituente più noto della pianta, Δ9-tetraidrocannabinolo (Δ9-THC), generano effetti simil-ansiolitici, mentre dosi più elevate producono reazioni ansiogeniche ( Crippa et al, 2009 ).

Il CBD come ansiolitico

Se il THC può portare ad un aumento delle reazioni ansiogeniche, il CBD ha invece effetti diametralmente opposti: è stato infatti dimostrato ( Zuardi et al, 1992 ) che il CBD riduce gli effetti ansiogeni del Δ9-THC e non sembra implicare alcuna interazione farmacocinetica.

Per studiare le proprietà ansiolitiche del CBD, i pazienti sono stati sottoposti al Simulation Public Speaking Test (SPST) ovvero una simulazione di una situazione in cui avrebbero dovuto parlare in pubblico.

Il gruppo di persone sottoposte a questo test era così suddiviso:

  • 12 soggetti che non soffrivano di alcun disturbo d’ansia
  • 12 soggetti che soffrivano di SAD e che hanno ricevuto una dose di CBD (600mg) prima del test
  • 12 soggetti che soffrivano di SAD e che hanno ricevuto un placebo prima del test

Risultati del test

I risultati del test sono stati estremamente chiari e hanno dimostrato come il CBD possegga naturali proprietà ansiolitiche. Il pretrattamento dei soggetti affetti da SAD con CBD ha infatti ridotto in modo significativo l’ansia, il deterioramento cognitivo e il disagio nelle loro prestazioni linguistiche e ha ridotto significativamente l’attenzione nel loro discorso anticipatorio.

La quasi eliminazione di un’autovalutazione negativa durante la situazione di stress è un altro effetto importante registrato dai pazienti ai quali è stato somministrato il CBD. In sostanza l’assunzione di CBD non solo ha diminuito la sensazione di ansia e di disagio prima e durante la situazione di stress, ma ha migliorato la percezione di come il singolo soggetto avesse affrontato tale situazione.

Vi rimandiamo alla lettura completa dell’articolo che abbiamo qua riportato volutamente in estrema sintesi al fine di comprendere meglio tutti gli aspetti coinvolti in questo studio.

Bibliografia

Olio di CBD full-spectrum e broad-spectrum

OIio di CBD full-spectrum e broad-spectrum

Se sei un appassionato di Oli di CBD, probabilmente hai già sentito parlare di Olio di CBD a spettro completo (full-spectrum) oppure ad ampio spettro (broad-spectrum). Tuttavia, potresti non sapere qual è la differenza tra queste due tipologie. Ecco perché abbiamo pensato di redigere una guida semplice e breve che ti consentirà di effettuare i tuoi acquisti nella maniera più consapevole possibile. Vediamo brevemente di che si tratta.

Cosa hai bisogno di sapere sull’olio di CBD

Prima di acquistare qualsiasi prodotto, è importante conoscere sé stessi. Se capirai motivi per i quali stai assumendo CBD, capirai anche a che tipo di prodotto rivolgerti. Se stai assumendo CBD per aiutarti a dormire o semplicemente per rilassarti, potresti aver bisogno di qualcosa di diverso rispetto a sé stessi cercando di trattare o gestire un problema come l’ansia (leggi il nostro articolo sull’effetto ansiolitico del CBD).

Un altro fattore da considerare è la frequenza con cui assumi Olio di CBD. Così come le modalità attraverso cui questi prodotti saranno assunti.

Qual è la differenza tra Olio di CBD a spettro completo e ad ampio spettro?

Una volta che hai capito qual è la motivazione che ti spinge ad assumere Olio di CBD, è il momento di capire quale tipologia usare. Innanzitutto, è importante sapere che la principale differenza tra Oli di CBD a spettro completo e ad ampio spettro è la presenza al loro interno di THC.

La pianta di cannabis presenta diversi composti come mircene, terpeni e molti tipi di cannabinoidi. Presi insieme, i composti della pianta hanno molti effetti, la cui intensità è spesso frutto delle interazioni e delle sinergie tra di loro. Le varie componenti possono essere estratte dalla pianta di cannabis light ed eventualmente separate attraverso dei processi di estrazione e distillazione.

La differenza tra Oli di CBD a spettro completo e Oli di CBD ad ampio spettro si riduce a quanto sia isolato il CBD dagli altri composti, e in particolare dal THC. Infatti, il CBD ha spettro completo può contenere fino allo 0.2% di THC, invece, quello ad ampio spettro ne contiene una percentuale spesso non rilevabile.

In conclusione, è meglio un Olio di CBD full-spectrum o broad-spectrum?

Se ne potrebbe quindi dedurre il fatto che gli Oli di CBD ad ampio spettro siano migliori degli Oli di CBD a spettro completo per la sostanziale assenza di THC. In realtà, e considerando che la presenza di THC negli Oli di CBD a spettro completo è comunque molto bassa, non è così. Infatti, se in elevate quantità il THC produce effetti psicoattivi negativi per il nostro organismo, alcuni studi dimostrano che piccole quantità hanno invece un effetto ansiolitico e rilassante ( Crippa et al, 2009 ).

Dovrebbe essere facile determinare la quantità di THC contenuta nel tuo prodotto semplicemente guardando l’etichetta della confezione e verificando la tipologia di Olio di CBD, full-spectrum o broad-spectrum. Se non trovi queste informazioni, potrebbe essere il caso di far scattare un campanello di allarme e rivolgerti ad altri prodotti e fornitori.

Puoi trovare l’olio di CBD più adatto alle tue esigenze nel nostro Cannabis light shop

Cannabinoidi contro infiammazione e dolore

I cannabinoidi contro dolore e infiammazione

Il dolore e l’infiammazione sono le risposte fisiologiche del corpo a lesioni tissutali, infezioni e cambiamenti genetici. Queste risposte possono essere suddivise in due fasi: acuta e cronica.

Il dolore è prodotto da tutti questi agenti proinfiammatori, che portano anche all’iperalgesia attraverso l’attivazione dei corrispondenti recettori, che sono espressi dai terminali nocicettivi. Se la condizione che causa il danno non si risolve, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica, che è caratterizzata da alterazioni immunopatologiche, come l’infiltrazione di cellule infiammatorie, la sovraespressione di geni proinfiammatori, la disregolazione della segnalazione cellulare.

La soppressione o l’inibizione dei mediatori infiammatori/proinfiammatori mediante l’uso di composti antinfiammatori sintetici (sia steroidei che non steroidei) è una delle vie principali per il trattamento dei disturbi infiammatori. Tuttavia, diversi effetti collaterali comuni, tra cui irritazione e ulcerazione gastrica, insufficienza renale ed epatica, anemia emolitica, esacerbazione dell’asma, eruzioni cutanee, sono spesso associati all’uso di farmaci antinfiammatori sintetici.

Come si affrontano infiammazione e dolore con il CBD

I dati degli studi clinici sui farmaci a base di cannabis sintetici e di origine vegetale hanno suggerito che essi sono un approccio promettente per la gestione del dolore neuropatico cronico di diversa origine.

Si ipotizza inoltre che la cannabis riduca le alterazioni nell’elaborazione cognitiva e autonomica che sono presenti negli stati di dolore cronico.

Inoltre, la cannabis può ridurre il dolore neuropatico riducendo l’infiammazione di basso grado. Considerando nel loro insieme i problemi delle sindromi da dolore neuropatico cronico, che ha una patogenesi poco conosciuta, una complessità dei sintomi e la mancanza di un trattamento ottimale, il potenziale di una strategia terapeutica centrata sul sistema cannabinoide appare davvero molto allettante.

Tuttavia, una serie di eventi avversi (in particolare sonnolenza o sedazione, confusione, psicosi) può limitare le applicazioni cliniche delle terapie a base di cannabis. Alcune attuali linee guida cliniche e revisioni sistematiche considerano i farmaci a base di cannabis come terapie di terza o quarta linea per le sindromi da dolore neuropatico cronico, da utilizzare quando le terapie consolidate (ad esempio anticonvulsivanti, antidepressivi) hanno fallito.

Oltre ai suoi effetti sulla via infiammatoria, il sistema endocannabinoide svolge anche un ruolo fondamentale nello sviluppo neuronale. Infatti si dimostra che influenzando la crescita di assoni e dendriti e modelli preclinici, la somministrazione di cannabinoidi altera la maturazione cerebrale negli animali giovani e porta a conseguenze neuropsichiatriche negli adulti. Inoltre, è stato anche accettato che il sistema endocannabinoide svolga un ruolo significativo nel mantenimento dell’omeostasi intestinale, e questo è quindi di particolare interesse nella gestione delle malattie infiammatorie intestinali.

Ancora sul ruolo antinfiammatorio dei cannabinoidi

Da un altro studio portato avanti dai professori associati di Farmacologia dell’Università dell’Insubria, Franca Marino e Marco Cosentino emerge che la cannabis e i cannabinoidi offrono benefici terapeutici significativi per un’ampia gamma di condizioni patologiche. Tra questi, spiccano i problemi clinici radicati nell’infiammazione, tuttavia i meccanismi sottostanti non sono ancora chiaramente compresi.

Nel complesso, i risultati di questo studio supportano l’uso dell’estratto standardizzato di cannabis e del CBD per arginare i fenomeni infiammatori. Tuttavia, suggerisce anche un’indagine approfondita dei meccanismi cellulari e molecolari sottostanti per sfruttare meglio il loro potenziale terapeutico.

Bibliografia